Il voto “nascosto”

Gli effetti collaterali di comprare casa e rendersi indipendenti (economicamente) dai genitori che ti hanno cresciuto fin da bambino, si vedono, soprattutto inizialmente, nel grande numero di scelte che si è chiamati a compiere da quando si prende la decisione a quando poi questa sarà pienamente attuata. Con effetto immediato iniziano quindi le prime spese e i primi addebiti importanti sul conto corrente, contestualmente a tutta quella serie di oggetti che per necessità devono essere presenti in un qualunque immobile per poterlo chiamare “casa”. Nonostante io sia l’opposto di un accumulatore seriale è chiaro che certi oggetti sono imprescindibili: la cucina, i sanitari, il letto, i libri, solo per citare alcuni esempi. Mentre per alcuni si può attingere all’accumulo esagerato dei nostri avi, che hanno probabilmente sentito la necessità di mettere da parte in quanto hanno vissuto le ristrettezze economiche della guerra e degli anni della ricostruzione, altri dovranno essere acquistati nuovi, andando quindi ad alimentare l’economia del consumismo, che prevede che gli oggetti non debbano durare in eterno, ma siano presto scartati e gettati in discarica per essere sostituiti dal nuovo ultimo modello. Si rivela quindi più che mai necessario prestare molta attenzione nel momento in cui siamo chiamati alle urne. Alle urne? Sì, perché in fondo ogni volta che acquistiamo un oggetto stiamo esprimendo un voto: stiamo decidendo a chi devono andare i soldi frutto del nostro sacrificio, chi avrà quindi disponibilità e potere di spesa su un pezzo (piccolo) del mondo che viviamo, chi dovrà essere premiato per ciò che ha fatto e chi invece dovrà rimanere a bocca asciutta. Nello scegliere un prodotto piuttosto che un altro dovremmo non solo decidere sulla base della qualità, o (più spesso) del prezzo, ma anche e soprattutto informandoci prima su chi riceverà i nostri soldi. Non parlo ovviamente del singolo negozietto, che pure ha importanza, ma del marchio e della società che produce l’oggetto interessato. Stiamo comprando un telefono; voglio alimentare il commercio online o favorire i rivenditori fisici? Questo smartphone che costa poco sarà stato prodotto in accordo a tutte le normative per la tutela dell’ambiente? Sarà composto da materiali riciclati oppure sono stati sfruttati dei lavoratori per estrarre i metalli preziosi che lo compongono? L’azienda che lo produce in che modo si impegna a migliorare la qualità dei propri prodotti e a evitare che finiscano in discarica una volta dismessi? Mi fornirà assistenza durante la vita utile del prodotto oppure si dimenticherà di me una volta uscito dal negozio?

Mi rendo conto che non è affatto semplice poter rispondere a tutte queste domande ogni volta che facciamo un acquisto, ma sarebbe importante provarci il più possibile, non solo perché in questo modo probabilmente acquisteremo prodotti di migliore qualità, che dureranno quindi più a lungo, ma perché un pezzettino alla volta potremo essere determinanti per decidere come sarà il mondo di domani. Troppo spesso infatti deleghiamo alla politica le decisioni che noi non abbiamo il coraggio di prendere, e che infatti non prendono neanche i politici, perché sono votati da noi. Scegliere chi votare quando compriamo un oggetto, è il modo più efficace che mi viene in mente per poter contribuire davvero e subito, seppur nel nostro piccolo, a plasmare la società che vorremmo, perché il denaro, che ci piaccia o meno, è il motore di tutte le cose. I flussi di denaro rappresentano lo strumento più democratico che abbiamo in mano tutti i giorni, non solo quando viene indetto un referendum o abbiamo in mano la matita copiativa alle urne. La democrazia del terzo millennio dovrà nutrirsi anche delle nostre (piccole) scelte economiche, perché se come singoli le ricadute delle nostre decisioni sono limitate, come comunità abbiamo in mano un grosso potere decisionale, che possiamo e dobbiamo usare al meglio. Ogni giorno acquistiamo beni di prima necessità e non solo, i quali vanno ad alimentare il business di grandi e piccole aziende che decidono se la strada che hanno intrapreso per aumentare il fatturato è quella giusta oppure devono cambiare rotta. Non è strettamente necessario che sia la politica a decidere di bandire la plastica monouso; se la nostra comunità, fatta da ogni singolo individuo, decide di non comprare più plastica non riciclabile, il mercato sarà costretto a spostarsi altrove, senza che nessun referendum o nessuna legge sia abrogata o approvata. Il portafoglio che apriamo ogni giorno deve ricordarci che ogni nostro piccolo gesto ha delle ricadute e per la legge dei grandi numeri per quanto piccole siano, se moltiplicate per una popolazione di più di 7 miliardi di persone, quelle ricadute diventano economicamente rilevanti e hanno il potere di cambiare le cose. Siate il cambiamento che vorreste vedere nel mondo diceva Gandhi, e comprate responsabilmente aggiungo io. Buoni acquisti!

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