L’isolamento forzato di queste settimane porta con sé gli innegabili effetti della solitudine, peraltro benvenuti (ogni tanto), tra cui quello di trovare più occasioni per fermarsi a riflettere tra sé e sé. Inondato dalle notizie sul coronavirus, come d’altronde è inevitabile, dopo qualche giorno in cui cercavo attivamente informazioni sulla pandemia in atto (così è stata definita dall’OMS) ho smesso ormai da una settimana di frequentare quotidiani online e trasmissioni televisive, lasciandomi raggiungere solamente da una newsletter serale che raccoglie i fatti essenziali della giornata. Mi sembra di aver notato infatti, ma è un parere personale derivato da misurazioni soggettive, che in questa emergenza sanitaria abbia iniziato a diffondersi più di prima un altro virus più subdolo e, per certi aspetti, anche più pericoloso: il virus della semplicità. Fermi tutti, lo so che nella breve biografia su questo sito e altre pagine personali ho scritto che “credo nella semplicità”, e infatti continua a essere vero, ma ritengo utile spingersi oltre e cercare di approfondire cosa intendo.
Le notizie e gli aggiornamenti sul coronavirus, nonché i pareri di chiunque in questo periodo fosse dotato di corde vocali, mi hanno spinto a chiedermi come mai certi messaggi si diffondessero più di altri tra le persone, peraltro non solo quelli relativi al coronavirus. “Assumete tanta vitamina C”, “bevete bevande calde”, “esponetevi al sole”, “bisognava chiudere tutto prima!”, “l’Europa specula sulla nostra crisi” eccetera. Queste frasi sono arrivate probabilmente a molti di voi che state leggendo queste righe, talvolta in catene su Whatsapp o su altri social, sui quotidiani, nei talk show televisivi o urlate da molti politici, specialmente di una certa parte politica. E inevitabilmente molti di questi messaggi sono stati ripresi da tante persone spaventate, che hanno provato a fabbricarsi in casa mascherine inutili con la carta da forno o disinfettanti per le mani fatti con aceto e bicarbonato, esponendosi così maggiormente al rischio di contrarre la malattia ritenendo di essere al sicuro con le precauzioni fai da te adottate. Ma cosa c’entra la semplicità con tutto questo? C’entra perché tutti questi messaggi sono accomunati proprio dall’essere semplici. Ha molto più presa su una persona impaurita trasmettere un messaggio semplice come “il governo non è intervenuto prontamente!” piuttosto che mettersi a spiegare che, spesso, domande e situazioni complesse richiedono risposte e interventi altrettanto complessi. La gestione di una crisi come questa, che sta colpendo il mondo intero e non solo il nostro paese, richiede analisi e interventi di cui non abbiamo alcuna esperienza in tempi recenti, e per questo complessi da studiare e mettere a punto, per adottare misure di equilibrio tra l’economia che rischia di essere messa in ginocchio e la salute delle singole persone che dev’essere tutelata.
Da ingegnere da un lato e sognatore dall’altro mi trovo spesso apparentemente in conflitto tra le mie due anime, una, quella ingegneristica, che si rende conto della complessità del mondo in cui viviamo, e l’altra, quella libera, che ritiene che le soluzioni semplici siano da privilegiare, poiché spesso più corrette (rasoio di Occam) e più vicine alla nostra natura di esseri umani. La nostra cultura è fondata sulla semplicità, molti dei messaggi che ci raggiungono e ci hanno raggiunto in passato, e che ricordiamo e portiamo con noi sono messaggi semplici, poiché chiari, diretti e di facile comprensione: dai dieci comandamenti agli aforismi da cioccolatino, dalle grandi battaglie per i diritti alle campagne politiche, molto spesso ciò che ricordiamo delle persone e delle idee sono frasi semplici e concise. “Yes we can”, “Make America great again”, “prima gli italiani” per citare alcuni messaggi della politica di questi anni, sono messaggi semplici, perché sono riconoscibili e immediati. Rispondere “è complesso” oppure “dipende” ai quesiti che ci vengono posti non sortisce lo stesso effetto di utilizzare la semplicità come arma di risposta: la comprensione della complessità ci fa sembrare insicuri davanti ai problemi e alle decisioni da prendere e quindi non meritevoli di fiducia. Ma è proprio la complessità a governare l’universo ed è quindi la complessità che bisogna comprendere per fare dei progressi nella conoscenza. La teoria della relatività è innegabilmente complessa, ma sorprendentemente semplice nella sua formulazione più famosa: E=mc^2. Ecco che iniziamo quindi a intravedere quale può essere il vero problema, non la semplicità, ma il semplicismo. Se da un lato il nostro mondo è complesso, ciò che dobbiamo ricercare dopo averlo compreso è la semplicità che si può ottenere dalla sua visione d’insieme, una semplicità che dev’essere ricercata, studiata, perfezionata e, solo infine, spiegata. Seguire il processo inverso, esporre la semplicità, la punta dell’iceberg, prima di aver analizzato la complessità nascosta, è estremamente rischioso, oltreché dannoso: si chiama semplicismo. Il semplicismo è il peggior nemico della semplicità, perché sopraggiunge silenzioso mascherato da semplicità illudendoci che le risposte a domande complesse siano semplici, quando in realtà sono più spesso semplicistiche. Visto che siamo in tema di aforismi e frasi semplici, tanto vale citare una frase sull’argomento attribuita a Einstein: “Bisognerebbe rendere tutto il più semplice possibile, ma non più semplice di così”. Il processo di raffinazione della conoscenza deve cioè partire da una comprensione della complessità, procedendo per gradi al fine di estrarre la semplicità, ma deve necessariamente fermarsi a un certo punto, per non finire nel semplicismo. E dunque il vero virus che abbiamo visto diffondersi in queste settimane di coronavirus, e in questi anni di frenesia, bufale e populismi non è quello della semplicità, ma del semplicismo, che probabilmente continuerà la propria diffusione fino a quando un numero sufficientemente elevato di persone non ne risulterà immune, tanto da proteggere anche i più deboli grazie all’immunità di gregge.
La semplicità continua a rimanere la guida delle mie azioni, il faro lontano da raggiungere dopo aver governato la tempesta, la terra ferma che ci dà conforto dopo le mareggiate. La complessità non è confortevole, ci provoca disagio, paura, spavento, ma è necessaria, perché distingue il pensiero razionale da quello emotivo. La semplicità muove gli animi, le idee, le persone. Il semplicismo crea false illusioni.
Comprendete la complessità, ricercate la semplicità, diffidate del semplicismo.