L’isolamento forzato di queste settimane porta con sé gli innegabili effetti della solitudine, peraltro benvenuti (ogni tanto), tra cui quello di trovare più occasioni per fermarsi a riflettere tra sé e sé. Inondato dalle notizie sul coronavirus, come d’altronde è inevitabile, dopo qualche giorno in cui cercavo attivamente informazioni sulla pandemia in atto (così è stata definita dall’OMS) ho smesso ormai da una settimana di frequentare quotidiani online e trasmissioni televisive, lasciandomi raggiungere solamente da una newsletter serale che raccoglie i fatti essenziali della giornata. Mi sembra di aver notato infatti, ma è un parere personale derivato da misurazioni soggettive, che in questa emergenza sanitaria abbia iniziato a diffondersi più di prima un altro virus più subdolo e, per certi aspetti, anche più pericoloso: il virus della semplicità. Fermi tutti, lo so che nella breve biografia su questo sito e altre pagine personali ho scritto che “credo nella semplicità”, e infatti continua a essere vero, ma ritengo utile spingersi oltre e cercare di approfondire cosa intendo. Continua a leggere “Abbasso la semplicità, viva la semplicità!”
Il voto “nascosto”
Gli effetti collaterali di comprare casa e rendersi indipendenti (economicamente) dai genitori che ti hanno cresciuto fin da bambino, si vedono, soprattutto inizialmente, nel grande numero di scelte che si è chiamati a compiere da quando si prende la decisione a quando poi questa sarà pienamente attuata. Con effetto immediato iniziano quindi le prime spese e i primi addebiti importanti sul conto corrente, contestualmente a tutta quella serie di oggetti che per necessità devono essere presenti in un qualunque immobile per poterlo chiamare “casa”. Nonostante io sia l’opposto di un accumulatore seriale è chiaro che certi oggetti sono imprescindibili: la cucina, i sanitari, il letto, i libri, solo per citare alcuni esempi. Mentre per alcuni si può attingere all’accumulo esagerato dei nostri avi, che hanno probabilmente sentito la necessità di mettere da parte in quanto hanno vissuto le ristrettezze economiche della guerra e degli anni della ricostruzione, altri dovranno essere acquistati nuovi, andando quindi ad alimentare l’economia del consumismo, che prevede che gli oggetti non debbano durare in eterno, ma siano presto scartati e gettati in discarica per essere sostituiti dal nuovo ultimo modello. Si rivela quindi più che mai necessario prestare molta attenzione nel momento in cui siamo chiamati alle urne. Continua a leggere “Il voto “nascosto””
Le 4 regole del “buon ingegnere”
Sono un ingegnere. Non lo dico per vantarmi, ci mancherebbe altro. È un dato di fatto: dopo cinque lunghi anni di università ho discusso la tesi e indossato la corona d’alloro. Qualcun altro avrà scritto o scriverà “sono un biologo” oppure “un economista” o magari “un perito” o “un operaio”. Ciascuno di noi per poter “essere qualcosa” (come se un titolo potesse descrivere a pieno la complessità della persona umana) ha affrontato percorsi più o meno facili, più o meno lunghi, che l’hanno portato a dedicarsi a una qualche attività lavorativa nella sua vita. “Il lavoro nobilita l’uomo” diceva quel tale, qualunque lavoro (o quasi). Ma io sono un ingegnere ed è quindi di questo lavoro che voglio parlarvi. Perché dopo questi anni di studio intenso, di difficoltà, di arrabbiature, di fallimenti, ma anche di successi, di resilienza, di rimonte, ho imparato tante cose, moltissime anzi, ma non la più importante: come si fa a essere un ingegnere. Già. Ho appreso moltissime nozioni in questi anni, per esempio una delle più curiose è quella che un mio professore ha definito “il paradosso della lampadina”, di cui magari vi parlerò in futuro, o magari no, altrimenti poi penserete di essere ingegneri elettrici pure voi una volta scoperto il segreto. Ma ecco, il punto è che nessuno ci ha preparati al mondo del lavoro, a ciò che c’è fuori dalle mura universitarie. Ti chiamano “ingegnere!” e tu vorresti dirglielo che non ti senti ancora tale, perchè devi imparare moltissime cose, ma loro niente, “Ing. Moraschi”. E quindi come si fa a diventare ingegneri? Secondo un amico professore e collega (è anche lui ingegnere) si diventa ingegneri “per davvero” dopo almeno 10 anni di pratica sul campo. Aspetterò dunque una decina di anni a vedere cosa succede, magari vi aggiorno su queste pagine se vi va. Ma nel frattempo? Nel frattempo posso provare a immaginare cosa significa essere ingegneri, un po’ come quando finito il liceo con grande sicurezza di sé si prova a immaginare come sarà e cosa si studierà all’università, scoprendo poi solo più avanti di aver sbagliato completamente le previsioni. Perché la vita è bella anche per questo: si fanno tanti programmi, si hanno tanti progetti per la testa e poi da un giorno all’altro si scopre che è tutto diverso da come lo avevamo immaginato. Lasciatemi quindi giocare a questo gioco e fingere con grande sicurezza di sapere cosa significa essere ingegneri “per davvero”.
Se questa non è una fake news
Con l’avvento di internet e dei social abbiamo assistito a una diffusione e a un incremento esponenziale delle cosiddette “fake news”. Per fortuna che esistono ancora i quotidiani “tradizionali” a salvarci da questo tsunami di post- verità!
Ne siete convinti anche voi? Le fake news non esistevano prima di internet? Beh, in realtà, quella sulle fake news è una fake news a tutti gli effetti. Non tratterò il tema nel dettaglio, dal momento che esistono persone molto più preparate di me* sull’argomento e che hanno dedicato la loro vita a studiare la diffusione delle notizie false e i meccanismi della comunicazione. Mi limiterò quindi a riportare un “banale” aneddoto che possa essere preso a esempio di tutta una serie di casi simili. Cominciamo.
La sai l’ultima?
La tendenza naturale che cerco di combattere quotidianamente è quella della polemica costante, quello stato dell’animo umano, a volte mitigato dalla timidezza o dalla buona educazione, che tutti coltiviamo nel profondo e difendiamo ritenendo che sia parte inscindibile del nostro essere. La polemica è una reazione volontaria o involontaria allo status quo e non è necessariamente negativa. Tuttavia, se non prestiamo attenzione, cresce selvaggiamente in noi trasformandosi da mattone della vita in arma di distruzione di massa, che falcia indiscriminatamente qualunque erbaccia osi interporsi sul suo cammino.
Bugiardini digitali (eBook)
Gli EULA (End-User License Agreement) sono indubbiamente i bugiardini del terzo millennio. Come per i medicinali, infatti, questi contratti digitali accorrono in aiuto ai software che assumiamo con fede ogni giorno, sperando che ci aiutino a fare le cose meglio, guarendoci dalla fretta del vivere. E come i bugiardini, sono spesso chilometrici e pieni di controindicazioni, per cui ne saltiamo a piè pari la lettura convinti che essere ignari del loro contenuto ci renda più liberi nel loro utilizzo e certamente più sereni, un po’ come quella vecchia massima “Ho letto che bere fa male. Ho smesso di leggere”. Continua a leggere “Bugiardini digitali (eBook)”
Darwin e la Via del camminare
Nel 1836, tornato da 5 anni e mezzo di viaggio sulla nave Beagle, passati a osservare la storia naturale del Sudamerica e del Pacifico, Charles Darwin si trasferì in una casa nel centro di Londra, in una posizione certamente favorevole allo scambio di idee con il mondo scientifico dell’epoca. Dopo 6 anni, però, nel 1842, con la moglie Emma, si rifugiò in una tranquilla casa nella campagna inglese, pur rimanendo abbastanza vicino a Londra per essere accessibile agli amici e avere notizie sugli ultimi studi e ricerche. Il suo intento era quello di mettere su famiglia e sfuggire alle distrazioni cittadine. Nella villa vive ancora oggi uno dei discendenti del grande scienziato, che si occupa di curare la casa e la proprietà intorno. È grande e bianca, con un ampio giardino che si estende nel parco e poi nella campagna circostante, occupando uno spazio di oltre sette ettari. Darwin aveva acquisito il terreno da un vicino, ci aveva piantato noccioli, betulle, cornioli, carpini e altri alberi e aveva creato un sentiero di terra battuta per camminare nella sua proprietà, un viale alberato che gira tutto intorno alla “Down House”. Quasi ogni giorno, Darwin percorreva questo viale, il “Sandwalk”, pensando ai non pochi problemi che la formulazione della teoria dell’evoluzione certamente gli poneva. Il suo metodo era questo: appena aveva un’idea, iniziava a sottoporla a tutte le possibili obiezioni finché non ne trovava tutte le spiegazioni e la poteva considerare a prova di confutazione. A ogni giro del Sandwalk, spostava un ciottolo del sentiero sul bordo della strada. Quando aveva risolto il problema, guardava quanti ciottoli aveva accumulato, quindi quanti giri aveva fatto pensando alla soluzione. In questo modo catalogava l’importanza e la difficoltà dei problemi che andava affrontando e risolvendo. Per quasi quarant’anni, Darwin percorse questo sentiero di circa quattrocento metri in lungo e in largo, meditando sulle proprie idee, in uno dei periodi più fruttuosi della sua vita. Continua a leggere “Darwin e la Via del camminare”
Niente
“Non c’è niente che abbia senso, è tanto tempo che lo so. Perciò non vale la pena fare niente.“
È così che comincia il romanzo “Niente” di Janne Teller. Se non c’è nulla che ha davvero senso, allora tanto vale non fare niente. E in effetti non ci sarebbe niente da obiettare, riducendo al nulla anche ogni eventuale obiezione. Ma è una frase che nella sua semplicità spaventa, perché sembra gettarci in faccia una triste verità pronunciata da un bambino di tredici anni, una logica disarmante che non si risolve fino alla fine del libro. È davvero così? Non c’è nulla che valga la pena fare? Ma soprattutto, non c’è niente che abbia senso?
Buon anno e buone feste
Un altro anno è quasi finito e ci apprestiamo a iniziarne uno nuovo. Per qualcuno quello passato non è stato particolarmente felice, ad altri ha portato invece gioie e soddisfazioni. Per me è stato un anno abbastanza denso di impegni e attività, con la riapertura del blog, ho scritto un libro e un libretto, ho partecipato alle attività del Gruppo Astrofili Galileo di Alessandria e contribuito a mio modo ai Viandanti delle Nebbie, ho letto un po’ di libri, mi avvio verso la fine dell’esperienza universitaria, ho fatto il fidanzato, lo zio e l’amico (spero). Insomma, come tante altre persone, direi anzi quasi tutte, sono stato impegnato in molte cose, forse troppe, e varrebbe la pena di fermarsi a respirare la vita ogni tanto, mettendo da parte le preoccupazioni e gli impegni per assaporarne l’essenza. L’augurio migliore che posso fare a voi, a me, a tutti noi per il nuovo anno è quindi di ritrovare un po’ di calma, che in questi tempi di consumismi e multi-tasking sembriamo ormai avere perso. Vorrei farlo con una citazione tratta da un libro “L’arte di passare all’azione” di Gregg Krech:
Rallentare. Questo potrebbe essere l’unico rimedio efficace per la particolare missione di salvataggio del mondo cui voglio dedicarmi: la lotta per la sostenibilità, per una vita armoniosa che rispetti i limiti e le leggi del pianeta Terra.
Se non avessimo tutta questa fretta, avremmo il tempo di andare a piedi anziché in auto, di viaggiare in barca a vela anziché in aereo. Di raccogliere la sporcizia che seminiamo qua e là. Di discutere i progetti con la comunità prima di mandare i bulldozer a fare cambiamenti irreversibili. Di calcolare quanto pesce possa produrre l’oceano prima che i pescherecci facciano a gara per depredare il poco che resta.
Immaginate di muovervi a un ritmo abbastanza lento non solo per annusare i fiori, ma anche per percepire le sensazioni del vostro corpo, per giocare con i bambini, per guardare in faccia le persone care senza i vincoli imposti da orari o tabelle di marcia. Supponete di non dovervi più ingozzare al fast food e di iniziare ad assaporare lo slow food, coltivato, cucinato, servito e mangiato con amore. Ipotizzate di avere ogni giorno la possibilità di starvene seduti per un po’ in silenzio.
Credo che se facessimo queste cose il mondo non avrebbe bisogno di essere salvato. Ridurremmo drasticamente il consumo di energia e di risorse perché godremmo appieno di ciò che usiamo. Non dovremmo acquistare un mucchio di oggetti che ci permettano di risparmiare tempo (vi siete mai chiesti che fine facciano i minuti che economizziamo grazie a questi aggeggi?). Non commetteremmo così tanti errori. Ci ascolteremmo di più e ci feriremmo di meno. Forse avremmo perfino la possibilità di ragionare sulle nostre soluzioni preferite, di testarle e di osservarne i veri effetti.
Non mi resta che sperare che questi buoni propositi si trasformino in azioni concrete, per voi e per me. Buone feste e buon anno, sinceramente.
Marco
Da Unix a Linux | Una storia del Software Libero [LIBRO]
La prima volta che ho sentito parlare di Linux avevo da poco incominciato il liceo. Ero nel laboratorio di lingue straniere della mia scuola e, in un momento di distrazione dalla spiegazione, un mio compagno di classe mi parlò di questo sistema operativo gratuito dal nome strano, Ubuntu. Rimasi abbastanza sorpreso al pensiero che potesse esistere un sistema operativo gratuito e diverso dal solito Windows a cui ero abituato. All’epoca Windows 10 non esisteva ancora, le licenze Windows costavano care e Apple non aveva ancora iniziato a distribuire gratuitamente gli aggiornamenti di MAC OS X (ora macOS). Devo ammettere che non diedi subito seguito a questa nuova scoperta, ma continuai a “smanettare” con il sistema operativo di Microsoft, che avevo imparato a conoscere sin dai tempi di Windows 98 (quando il computer che avevamo in casa aveva ben 1 GB di spazio sull’Hard Disk!). Continua a leggere “Da Unix a Linux | Una storia del Software Libero [LIBRO]”